Accenni sulla ristrutturazione, messa a norma, adeguamento alla legge 46/90 e legge CEI 64-8 con successive varianti
Con l’entrata in vigore della legge 46/90 (13 marzo del 1990) l’impianto elettrico doveva essere realizzato a regola d’arte, (con rilascio della dichiarazione di conformità: DI.CO) quelli realizzati prima di tale data era necessario eseguire alcuni adeguamenti, via via prorogati fino alla scadenza ultima 31/12/98.
Questi adeguamenti erano far installare un interruttore differenziale salvavita ed un interruttore magnetotermico o in sostituzione di questi due un unico interruttore magnetotermico differenziale, bisognava inoltre controllare che le prese esistenti fossero con alveoli protetti (per impedire il contatto con le parti interne delle prese in tensione) per di più bisognava verificare che i conduttori (fili elettrici) avessero la sezione ed il grado di isolamento adeguati, cosa che generalmente si riscontrava sugli impianti fatti entro una decina o quindicina d’anni dagli anni 1990. Non era obbligatorio avere l’impianto di terra. Negli impianti elettrici eseguiti tra il 13 marzo del 1990 e il 27 marzo 2008 (entrata in vigore del D. lgs 37/08) privi di dichiarazione di conformità può essere emessa la dichiarazione di rispondenza (DI.RI.)
La prima edizione della norma CEI 64-8 è stata pubblicata nel 1984. Ha avuto svariate edizioni ed ha rappresentato fin dalla sua nascita un’importante novità nel campo normativo perché introdusse norme derivate da regole europee.
Con la sesta edizione della Cei 64-8 (anno 2007) le verifiche periodiche degli impianti elettrici entrano a far parte della norma.
Viene infatti richiesto che la verifica periodica di ogni impianto sia eseguita per garantire nel tempo la sicurezza delle persone e degli animali domestici nei confronti dei contatti elettrici e delle ustioni, la protezione contro i danni alle cose provocati dall’incendio e dal calore che si puo produrre in seguito a guasti nell’impianto, la conferma che l’impianto non sia danneggiato o deteriorato in modo tale da ridurre la sicurezza e che vengano identificati i difetti dell’impianto che possano dar luogo a pericolo.
Viene prescritto che l’esame a vista periodico comprenda un esame approfondito dell’impianto, che deve essere eseguito senza smontare, o smontare parzialmente, l’impianto stesso, e che la verifica venga integrata da prove per campionamento scelte opportunamente tra quelle previste per la verifica iniziale, includendo almeno:
- la misura della resistenza di isolamento;
- la prova di continuita dei conduttori di protezione;
- la verifica che le prescrizioni per la protezione contro i contatti indiretti siano state soddisfatte, e
- la prova funzionale dei dispositivi di protezione differenziale e dei dispositivi di controllo.
Per quanto riguarda la frequenza della verifica periodica di un impianto viene precisato che deve essere determinata considerando il tipo di impianto ed i relativi componenti, il loro uso e funzionamento, la frequenza e la qualita della manutenzione e le influenze esterne a cui
l’impianto e soggetto. La norma si limita a fornire indicazioni relativamente all’intervallo di tempo, a meno che questo intervallo non sia stabilito per qualche caso da prescrizioni di carattere legislativo.
Mentre per gli impianti in edifici residenziali sono indicati intervalli di tempo relativamente lunghi, ad esempio di 10 anni, per altri ambienti ordinari sono raccomandati periodi relativamente brevi, per esempio di 4 anni, e periodi ancora piu brevi, dell’ordine di un anno, per alcuni casi in cui esista un maggiore rischio, quali posti di lavoro o luoghi in cui esistano rischi di degrado, di incendio o di esplosione, posti di lavoro o luoghi in cui coesistano impianti di alta e di bassa tensione, luoghi ai quali abbia accesso il pubblico, cantieri e impianti di sicurezza (per esempio illuminazione di sicurezza).
Viene anche raccomandato che le persone incaricate delle verifiche periodiche consiglino l’intervallo per la successiva verifica periodica, ma e anche ammesso che le verifiche periodiche possano essere sostituite, nel caso di impianti elettrici estesi (per esempio in grandi industrie), da un adeguato e sicuro regime continuo di sorveglianza, prove e manutenzione degli impianti e dei loro componenti, attuato da parte di persone esperte.
Inoltre l’art.8 comma 2 D.Lgs. 37/08 (gennaio 2008) dice: “Il proprietario dell’impianto adotta le misure necessarie per conservarne le caratteristiche di sicurezza previste dalla normativa vigente in materia, tenendo conto delle istruzioni per l’uso e la manutenzione predisposte dall’impresa installatrice dell’impianto e dai fabbricanti delle
apparecchiature installate. Resta ferma la responsabilità delle aziende fornitrici o distributrici, per le parti dell’impianto e delle relative componenti tecniche da loro installate o gestite”.
Dopo questa carrellata di leggi/norme riguardanti la sicurezza degli impianti elettrici in particolare nel residenziale mi sento di consigliare soprattutto per la sicurezza propria e dei familiari un controllo periodico dell’impianto elettrico, soprattutto una messa a norma degli impianti molto vecchi, con fili rigidi, assenza dell’impianto di terra, prese non adeguate e in alcuni casi assenza del differenziale salvavita.
La frase che mi sento spesso dire quando intervengo su impianti vecchi con corto circuiti e fili che hanno preso fuoco, “l’impianto elettrico è sempre andato bene” oppure “questa è la prima volta che succede”. Oggigiorno vengono impiegati sempre più frequentemente apparecchi elettrici (climatizzatori, asciuga biancheria, stufette elettriche) in case piuttosto vecchie senza pensare alla struttura dell’impianto elettrico (fili sottodimensionati che hanno perso le proprie capacità isolanti, giunzioni degli stessi nelle scatole di derivazione con nastro adesivo) causando
danni importanti anche perché i fili vecchi continuano a bruciare causando fumi tossici anche dopo aver tolto la corrente elettrica in quanto non sono non propaganti d’incendio e ad bassa emissione di
sostanze nocive come quelli attuali.